Il verdetto sulla traduzione dei sermoni in altre lingue

Shaykh ‘Abdul-‘Azîz bin Bâz

Originale: http://www.fatwaislam.com/fis/index.cfm?scn=fd&ID=1354

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Alcuni degli studiosi hanno detto che tradurre in altre lingue [che non siano l’Arabo] i sermoni (khutab, sing. khutbah) fatti dal pulpito (minbar) il venerdì e in occasione dei due ‘Id non è lecito. La loro intenzione – che Allah abbia misericordia su di loro – era quella di mantenere e preservare la lingua araba, e di seguire il metodo del Messaggero di Allah (salla Allahu ‘alayhi wa sallam) e dei suoi Compagni (radi Allahu ‘anhum), che era di fare la khutbah in Arabo nella terra dei Persiani e di altri [la cui lingua madre non era l’Arabo] e di incoraggiare la gente a imparare l’Arabo e dare [alla lingua] la dovuta attenzione. 

Altri studiosi hanno detto che tradurre la khutbah in altre lingue è lecito se la maggior parte delle persone a cui è indirizzata non conoscono l’Arabo, basandosi sul motivo per cui Allah ha ordinato la khutbah: Insegnare alla gente i decreti che Allah ha ordinato per loro, informarli dei peccati che sono loro proibiti, guidarli verso caratteristiche virtuose e metterli in guardia contro caratteristiche biasimevoli. Indubbiamente, prestare attenzione ai fini e agli scopi è più importante ed ha la precedenza sull’attenzione dovuta alle parole usate, specialmente quando l’assemblea non capisce l’Arabo e la khutbah non ha alcun effetto su di loro e non li incoraggia ad imparare l’Arabo. (Particolarmente al giorno d’oggi, in cui i Musulmani sono rimasti indietro ed atri sono avanzati, e la lingua del popolo dominante è diventata molto diffusa mentre la lingua dello sconfitto è in una posizione più debole).

Se il fine di trasmettere alla gente il sapere e gli insegnamenti dell’Islam può essere raggiunto, tra i non Arabi, attraverso la traduzione dei sermoni nelle rispettive lingue, allora l’opinione che tradurre il sermone nella lingua maggioritaria dell’assemblea sia lecito – in modo che quanto è detto possa essere inteso – ha la precedenza e deve essere seguita; specialmente nel caso in cui la mancata traduzione della khutbah potrebbe causare conflitti e discussioni. Senza dubbio, in questi casi, tradurre la khutbah diventa essenziale per fare l’interesse della gente ed evitare malizia.

Se, all’interno della congregazione, vi sono alcune persone che comprendono l’Arabo, allora il khatîb (predicatore) dovrebbe combinare le due lingue, facendo la khutbah in Arabo e poi ripetendola nell’altra lingua che la gente capisce. In questo modo raggiungerà entrambi gli obiettivi, evitando malizia e conflitto tra la gente a cui si rivolge.

Vi sono molte prove in favore di questo nella pura sharî‘ah, come ad esempio l’ayah (il cui significato in traduzione è):

{E non mandammo mai un Messaggero se non con la [stessa] lingua della sua gente, così che potesse rendere [il Messaggio] chiaro per loro.} [Surah Ibrahîm 14:4]

E il Messaggero di Allah (salla Allahu ‘alayhi wa sallam) ordinò a Zayd ibn Thâbit (radi Allahu ‘anhu) di imparare la lingua degli Ebrei, per essere in grado di mandare loro lettere nella loro lingua e stabilire le prove contro di loro, e così che [Zayd] potesse leggere le loro lettere, quando ne avessero mandate, e spiegare al Profeta (salla Allahu ‘alayhi wa sallam) cosa dicevano. E quando i Compagni (radi Allahu ‘anhum) attaccarono i Romani ed i Persiani, non li combatterono prima di averli chiamati all’Islam attraverso interpreti. Dopo avere conquistato una terra straniera, chiamavano la gente all’Islam in Arabo e comandavano loro di impararlo. Chiunque tra di essi non avesse compreso l’Arabo, sarebbe stato invitato [all’Islam] nella sua lingua, e gli sarebbe stato fatto capire cosa intendevano nella lingua che non comprendeva. In questo modo, la prova fu stabilita (cioè, nessuno avrebbe potuto dire di non aver accettato l’Islam per ignoranza). Indubbiamente questo è l’unico modo, specialmente verso la fine dei tempi, quando l’Islam è come uno straniero, e poche persone sono ancora aggrappate alla sua lingua [originale]. Al giorno d’oggi, vi è un bisogno di traduzioni veramente grande e i da‘iyah (le persone che invitano all’Islam) non possono trasmettere il Messaggio senza di esse.

Il khatîb deve fare ciò che è nel miglior interesse della sua congregazione. Se la cosa migliore è fare la khutbah [divisa] in parti – [ciascuna] in Arabo e poi tradotta – deve fare così. Se è meglio tradurre l’intera khutbah dopo averla fatta [in Arabo] o dopo la preghiera, allora deve fare così. E solo Allah ha la conoscenza perfetta.

Comitato Permanente di Ricerca e Verdetti

Shaykh ‘Abdul-‘Azîz bin Bâz

Fatâwa al-Lajnah ad-Dâ’imah, 8/251-255

Traduzione a cura di www.alghurabaa.net